Il lamento del Minotauro
di Inokis-Esi
Perché mi chiamano Minotauro se il mio nome è Asterione? Mi sento disprezzato ed emarginato ma non sanno che il mio nome ha origine dal re primigenio di Creta, Asterio, signore delle stelle. La mia ascendenza è regale ma per loro sono solo un mostro, un diverso. Cammino e danzo e suono. Cammino tutto il giorno, macino distanze ma mi ritrovo sempre nello stesso punto. Vago lungo muri troppo alti da scavalcare, per strade che non so riconoscere, attraverso porte che mi riportano negli stessi luoghi, o si assomigliano?
Ma dov’é l’umanità? Dove sono loro? Mi ricordo ancora la dolcezza con cui mi allattava mia madre, la regina Pasifae, e poi ad un tratto una fila di servi che ridendo e dandosi la mano mi condussero, per gioco, dentro la “nuova casa”, tutta per me – dissero – e poi sempre tenendosi per mano, in fila indiana ripercorsero lo stesso tragitto all’indietro per uscire. Mi dissero che era un gioco nuovo, che dovevo contare fino a trenta e poi cercarli. Ma non ci sono riuscito, forse perché non so contare? Mi sento perso e vivo immaginando la vita al di là del muro. Il silenzio che mi avvolge viene rotto periodicamente da alcuni giovani che entrano nel labirinto, forse per giocare con me? ma appena mi vedono stramazzano al suolo addormentati… per sempre.
I miei pensieri sono la mia unica compagnia, passo il tempo tatuandomi il corpo con antichi simboli ancestrali e ballando al suono del mio flauto per evadere da questa “prigione assoluta, dispotica e tirannica”. Il labirinto ormai è simbolo del potere, di un falso ideologico che lo legittima.
Cosa ci faccio qui? io sono un principe o sogno di esserlo? Continuo a sognare una nave, dalle vele nere, che dal mare porterà un eroe a salvarmi da questo non-essere e mi porterà oltre l’orizzonte a ricongiungermi con le stelle. Dicono che io sia un cannibale desideroso di alimentare la rabbia, l’odio e la guerra ma il mio nutrimento viene dai frutti della terra e non dalla carne. Si è mai visto un toro che si nutre di carne?
Io non ho pietre nel mio cuore, volgerei invece volentieri lo sguardo verso il mare carezzando le onde come un aliseo per avere finalmente pace. So di essere analfabeta ma non lo è il mio cuore. E non capisco il senso di tutto questo dolore che pure mi assedia e che, per accettarlo, devo saperlo guardare fino in fondo ed essere onesto con lui. E’ questo che mi permette di vivere un giorno alla volta nell’ingiustizia.
Dicono che sono il frutto della cupidigia di mio padre e della passione bestiale di mia madre, la regina. Ma io non ho colpe. Non sono né toro né uomo eppure sono entrambi. Sono stanco, non combatterò più, ho buttato via le armi: lo scudo con il labirinto simbolo di Cnosso e il tridente l’arma cara a Poseidone (che dicono sia lui il mio vero padre, che sotto le sembianze di un bellissimo toro bianco ingravidò la regina Pasifae, nascosta all’interno di una finta vacca).
Adesso desidero soltanto tornare a casa: là da dove provengo, là dove non devo spiegare nulla perché tutto è già luminoso e dove potrò avere finalmente serenità e giustizia. (Inokis-Esi)